mercoledì 3 ottobre 2018

MANOVRA FINANZIARIA E REAZIONI IN EUROPA

Il varo della manovra finanziaria 2019 è ormai imminente.
Pur non trovando un apprezzabile riscontro fra imprenditori e personaggi autorevoli della comunità europea, l’ambizione del governo di mettere sul tavolo un provvedimento innovativo e volto ad aiutare i più deboli è apprezzabile.
L’amico Di Maio come di consueto ha declamato proclami e reprimende, la sua idea di aumentare il Pil diminuendo le ore di apertura dei centri commerciali sembra poco geniale, le associazioni imprenditoriali, consapevoli di dover convivere con il governo, non hanno commentato; i commessi che lavorano nei contri commerciali con un contratto a tempo determinato invece sono preoccupati.
I commenti provenienti dall’Europa hanno consentito agli euroscettici di far sentire la loro voce.
Gli europeisti non ascoltano quelle voci e, nel panorama europeo cercano personaggi che ricordino i padri fondatori, augurandosi che chi non crede nell’Europa, se proprio vuole stare nel parlamento europeo, anziché parlare si dedichi alla pulizie dei pavimenti o altre attività utili. 
Non potendo far resuscitare i vari Churchill Adenauer e De Gasperi è legittimo sperare che i nuovi protagonisti siano non siano orbi o Orban, abbiano scopi più edificanti rispetto a quello di essere salvi o Salvini, e che scrivano le regole comuni con una penna autorevole, non con una misera “Le Pen”.
Le perplessità espresse da Junker e Moscovici sulla nostra manovra sono più che legittime, avendo una zona Euro in cui il debito pubblico rispetto al Pil viaggia intorno all’ottanta percento, il centotrenta percento dell’Italia non può passare inosservato.
Soltanto la Grecia ha una percentuale più alta ma essendo uno stato più piccolo e meno popoloso dell’Italia per gli stati più virtuosi è meno difficile aiutarlo. Dall’Italia, che giustamente si presenta come uno stato importante, membro del G7, è lecito aspettarsi la capacità di risolvere da sola i propri problemi.
Gli antieuropeisti non sono un gruppo omogeneo, quelli dei paesi forti come l’inglese Farage, se ne fregano dei paesi più problematici; quelli dei paesi problematici, soprattutto se incapaci di trovare soluzioni innovative per risolvere i problemi del paese, lamentano scarsa attenzione da parte delle istituzioni europee.
Lo spirito antieuropeista che li accomuna è un ottimo biglietto da visita per proporsi nella professione di politico.

E’ scontato che chi contribuisce fattivamente al bene comune dell’eurozona ritenga questi personaggi tanto utili, quanto lo può essere una tanica di benzina ad una squadra di pompieri che deve spegnere un incendio.

Nessun commento:

Posta un commento