venerdì 26 gennaio 2018

Sovranità popolare

La necessità di affermarsi di molti personaggi appartenenti ai troppi schieramenti politici che intendono giocare un ruolo da protagonista in questa tornata elettorale prevale sulla necessaria attenzione ai temi più importanti che dovrebbero caratterizzare questo periodo.
Non è una novità, per vincere bisogna essere capaci di convincere la gente, va da sé che uno slogan stupido, se gestito in modo adeguato, può diventare un’arma vincente.
Se poi il vincitore non ha la stoffa dello statista, se non è affetto da megalomania, si affida ai dipendenti di provata esperienza per non fare danni, sperando che anche il personale non sia inadeguato perché negli anni chi aveva il potere di decidere chi assumere scelse tanti ossequiosi incompetenti Yes man.
Prendiamo l’esempio di Roma e Torino rette da due sindaci M5S, i problemi di Chiara Appendino, sono inferiori rispetto a quelli che affliggono Virginia Raggi.
Non è un caso che Torino, che ai tempi dei Savoia rinunciò ad essere la Capitale d’Italia e realizzò una mentalità industriale; lavorando di più e parlando di meno, i problemi diminuiscono.
Lo scenario ottimale sarebbe di avere persone con un potenziale notevole sia fra i politici sia fra i dipendenti. Questo piace poco a tanti avventurieri che o per troppa stima di se stessi o per mera opportunità cercano di insinuarsi nella casta.
Se costoro riescono ad abbindolare gli elettori è come se avessero riscritto il secondo comma dell’articolo uno della Costituzione; anziché dire:
“La sovranità appartiene al popolo”, dirà
“La sovranità appartiene ai furbi che sono capaci di abbindolare il popolo”.


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