La necessità di affermarsi di molti
personaggi appartenenti ai troppi schieramenti politici che intendono giocare
un ruolo da protagonista in questa tornata elettorale prevale sulla necessaria
attenzione ai temi più importanti che dovrebbero caratterizzare questo periodo.
Non è una novità, per vincere bisogna
essere capaci di convincere la gente, va da sé che uno slogan stupido, se
gestito in modo adeguato, può diventare un’arma vincente.
Se poi il vincitore non ha la stoffa
dello statista, se non è affetto da megalomania, si affida ai dipendenti di
provata esperienza per non fare danni, sperando che anche il personale non sia
inadeguato perché negli anni chi aveva il potere di decidere chi assumere
scelse tanti ossequiosi incompetenti Yes man.
Prendiamo l’esempio di Roma e Torino
rette da due sindaci M5S, i problemi di Chiara Appendino, sono inferiori
rispetto a quelli che affliggono Virginia Raggi.
Non è un caso che Torino, che ai
tempi dei Savoia rinunciò ad essere la Capitale d’Italia e realizzò una mentalità
industriale; lavorando di più e parlando di meno, i problemi diminuiscono.
Lo scenario ottimale sarebbe di avere
persone con un potenziale notevole sia fra i politici sia fra i dipendenti.
Questo piace poco a tanti avventurieri che o per troppa stima di se stessi o
per mera opportunità cercano di insinuarsi nella casta.
Se costoro riescono ad abbindolare
gli elettori è come se avessero riscritto il secondo comma dell’articolo uno
della Costituzione; anziché dire:
“La sovranità appartiene al popolo”, dirà
“La sovranità appartiene ai furbi che
sono capaci di abbindolare il popolo”.
Nessun commento:
Posta un commento