Il ministro Di Maio ha tuonato contro
i giornalisti che, durante i due anni intercorsi fra l’imputazione di Virginia
Raggi e l’assoluzione perché il reato non sussiste, hanno gettato fango sul
sindaco di Roma.
L’assoluzione consente a tanti amici
M5S di capire che essere indagati è diverso da essere condannati; dal blog
contenente il vangelo secondo Grillo e Casaleggio questo concetto non è stato
sempre stato chiaro soprattutto quando ad essere indagati erano gli avversari
politici.
Nel caso Raggi abbiamo assistito allo
stesso fenomeno a parti invertite; sembra proprio il caso di dire “Chi la fa,
l’aspetti (e chi non la fa si purghi)”.
La libertà di stampa consiste proprio
in questo, qualsiasi giornalista è libero di scrivere o raccontare in
un’intervista televisiva quello che più gli aggrada comprese le stupidaggini.
Se la legge ponesse un divieto,
troppe persone dovrebbero cambiare mestiere compresi parecchi parlamentari.
In teoria dovrebbero essere gli
editori a frenare questo fenomeno sgradevole ma dovrebbero essere abbastanza
coraggiosi da rischiare di lavorare in perdita.
Certe stupidaggini scritte o dette in
televisione consentono di aumentare la vendita o l’audience del programma,
pertanto può essere conveniente fingere che tutto vada bene.
Tutto sommato conviene anche a Di
Maio, per quanto lui sia convinto che razionalizzando le agenzie del lavoro si
creino i posti che mancano, potrebbe trovarsi fra i disoccupati in cerca di
nuova occupazione tanti ex giornalisti.
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