domenica 13 gennaio 2019

PERFORMANCES ELETTORALI

Gli elettori italiani, spinti dalla speranza di un futuro dignitoso ma timorosi di ospitare nelle istituzioni troppi personaggi incapaci a diventare gli artefici del bene comune, fra circa quattro mesi saranno chiamati a eleggere i propri rappresentanti nel parlamento europeo.
C’è da chiedersi: “Quanti bamboccioni poco adatti al lavoro vero, con una buona performance pubblicitaria riusciranno a conquistare ambite poltrone”.
La performance elettorale, sembra essere uno degli espedienti più efficaci per trovare spazio nelle assemblee che rappresentano il popolo italiano.
La conseguenza è preoccupante ma scontata: “Poco conta ciò che si fa, l’importante è che la scenografia sia efficace e coinvolgente”.
Non è il caso di colpevolizzare nessuno ma se l’apparenza prevale sulla sostanza, è difficile sperare in un futuro migliore.
Intanto il nostro governo ha emanato un decreto salva banche, dopo il decreto “Salva Lega”, non poteva fare altrimenti.
Fra il personale che lavora nei ministeri, c’è abbastanza intelligenza da prevenire i danni che possono produrre i tamburini della politica, opportunamente messi a tacere sulla vicenda del salvataggio; loro sanno bene che salvare una banca e più utile che salvare un partito.
I partiti tanto prima o poi si sciolgono da soli.
Essendo responsabili del governo è lecito sperare che i politici leghisti gestiscano lo Stato, meglio di quanto hanno gestito il partito che, senza il summenzionato decreto, sarebbe fallito.
Nel frattempo Grillo sembra essersi convertito ai vaccini, ma piuttosto che appoggiare la Tav spinge per il commercio della Cannabis; in tal modo se gli agenti dovessero ritrovarne droga addosso a sua figlia l’ex comico riccioluto potrà affermare che si tratta di un acquisto fatto in drogheria con tanto di scontrino e che nessuno di quei delinquenti che frequentano i luoghi di spettacolo per spacciare droga agli artisti e i loro spettatori ne ha tratto profitto.
Il leader però è Di Maio che, intervenendo sulla questione degli sbarchi, (quella che porta più voti a Salvini), ha consigliato alla piccola Italia di chiedere aiuto alla grande Malta.  
Di Maio si sbaglia, l’Italia è grande, anche più degli Stati Uniti che non stanno pagando gli stipendi ai pubblici dipendenti.
Ormai l’America è qui da noi, gli statunitensi non pagano chi lavora, noi pagheremo anche chi non lavora.
Se le cose dovessero andar male, ci saranno altri leader di altri partiti “Usa e getta” che faranno aumentare il numero delle repubbliche.
La prima repubblica era quella del dopoguerra, ha fatto decollare il paese producendo il boom economico e migliorando il tenore di vita a milioni d’italiani ma è stata azzerata e abbiamo iniziato a sfornarne una dopo l’altra: seconda, terza, quarta; ne possiamo fare quante ne vogliamo, non ci sono limiti.

Auspichiamoci soltanto che l’intelligenza prevalga sull’ambizione e che l’articolo uno della costituzione al comma due non cambi in: ”La sovranità appartiene a chi sa raggirare il popolo”.

http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/308581/diversamente-politici/

venerdì 28 dicembre 2018

L’ANNO DEL CAMBIAMENTO

L’anno del cambiamento è giunto al termine.
Ammettere di aver attratto gli elettori servendosi di promesse difficili da realizzare o dannose è la peggior prova per qualsiasi politico pertanto, forti del fatto che servirsi di pubblicità politica ingannevole per essere eletti non costituisce reato, conviene perseverare nel dire che le scelte sono innovative e vantaggiose.
L’amico Salvini un po’ bluffando un po’ barando, ha attribuito un generoso sette più alla manovra finanziaria.
Considerando il rischio di far scattare la procedura d’infrazione, sembrerebbe più appropriato un sei meno meno.
Per il momento non risulta esistere nessun vangelo apocrifo nel quale si sostiene che subito dopo essere nato Gesù non è emigrato oppure che Nerone aveva ragione a diffidare dei primi cristiani.
Quando ci sono poche frecce nella faretra ci si arrangia come si può, sperando che gli addetti ai lavori sappiano conciliare le parole con fatti e programmi sostenibili.
L’uccisione del fratello di un pentito avvenuta a Pesaro e del tifoso interista prima della partita Inter Napoli avvalora la tesi di chi sostiene che il ministero dell’interno dovrebbe chiamarsi ministero dell’esterno.
Il ministro taglia corto dicendo che chi ha sbagliato pagherà non è dato sapere se si tratta di un espediente per eliminare qualche dirigente nominato dai suoi predecessori rimpiazzandolo con uno di suo gradimento.
Si tratta di una prassi antica, più facile per chi lavora nel comparto dell’intrattenimento ma non impossibile per dipendenti di altri settori, compresi i furbetti del cartellino.
Speriamo che il nuovo anno non passi alla storia come l’anno delle giustificazioni o dei “Vaffa days” durante i quali è facile intuire chi saranno i destinatari.
Un maestoso vaffa è già arrivato da imprenditori e dipendenti delle piccole aziende di noleggio con conducente, a loro volta avversati dai taxisti che ne temono la concorrenza.
Anche i taxisti hanno le loro buone ragioni, ottenere la licenza non era facile e molti per ottenerla pagavano chi la rivendeva perché smetteva oppure chi aveva il potere di facilitarne l’emissione.

Ogni riferimento a politici non proprio galantuomini, è tutt’altro che casuale.

domenica 16 dicembre 2018

EVITARE LA PROCEDURA D’INFRAZIONE

Prosegue il dialogo fra il Presidente Conte il Ministro Tria e la commissione europea.
L’obiettivo è sempre lo stesso: sconfessare le sparate che hanno aumentato la popolarità di Salvini e Di Maio rassicurando la commissione che il governo varerà una manovra sostenibile.
A differenza di Salvini e Di Maio che non sono neanche laureati, Conte e Tria che sono accademici come la professoressa Fornero, non sconfessano apertamente l’operato della collega, una presa di posizione in tal senso davanti alla commissione europea li farebbe passare per bidelli.
I due vicepremier però assicurano che i punti chiave della manovra non si toccano.  In ogni apparizione pubblica recitano come due primi attori, per la gioia di Beppe Grillo e magari anche a Di Battista che a differenza dei vice premier è laureato Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo.
La Lega non è partito da stare a guardare, e tanto per sconfessare quelli che quando i primi leghisti dicevano: “Ce l’abbiamo duro” aggiungevano “Il comprendonio”, ha fatto scendere in campo il bocconiano Giorgetti che, con profondo senso di rispetto, non attacca l’ex rettore della Bocconi Mario Monti.
E’ sbagliato ritenere che i vecchi leghisti fossero duri di comprendonio, erano svegli, hanno fatto sparire quarantanove milioni di euro cavandosela con condanne leggere, tali da consentire a Umberto Bossi di essere ancora un parlamentare.
Giorgetti, da buon economista, non condivide il reddito di cittadinanza e ha dichiarato che si tratta di una misura cara all’Italia che a lui non piace.
Di Maio, senza perdere tempo ha replicato dicendo che a lui l’Italia piace tutta, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.
Forse l’amico Luigi non ci ha pensato, forse a preferito farne una questione geografica piuttosto che paragonare l’Italia che lavora all’Italia parassitaria che vive di assistenzialismo in certi casi (vedi il fenomeno dei falsi invalidi) anche fuori dalla legalità.
La notizia che suo padre, politico e imprenditore ha fatto lavorare gli operai in nero, non lo aiuta.

Se poi si scoprisse che il figlio di quel povero operaio è riuscito a laurearsi ma non avendo avuto la brillante idea di entrare in quell’armata Barancaleone che si chiama Movimento a Cinque Stelle anziché essere ministro sta in un centro commerciale a convincere la gente che è meglio cambiare operatore telefonico il ritratto della nuova Italia sarebbe completo.

lunedì 26 novembre 2018

QUESTIONI ECONOMICHE

In un clima disteso contraddistinto da toni pacati, si è concluso con esito soddisfacente l’incontro fra il Presidente Conte il Ministro Tria e il commissario Juncker.
L’obiettivo del nostro governo di convincere la commissione europea che la nostra manovra sia sostenibile e non rechi danni alla comunità europea sembra raggiunto.
Salvini, che dopo la lettera proveniente dalla commissione europea aspetta quella di Babbo Natale, spera di trovarci una laurea in economia in modo da dare meno preoccupazioni ai commissari che non sanno se diffidare di più del pallottoliere con cui fa i conti Di Maio o delle ruote della ruspa con cui li fa il ministro dell’interno.
I vice premier assicurano che sarà la crescita a consentirci di rispettare i parametri, gli imprenditori non saranno danneggiati dal decreto dignità, la smetteranno di evadere le tasse e pagare le maestranze in nero, nessuna impresa fallirà e le banche non perderanno neanche un Euro sui prestiti a privati e imprese.
In teoria l’Italia diventerà il fiore all’occhiello della comunità europea.
E’ facile immaginare cosa possono essere detti a cena durante l’incontro:
  • ·      questi due non sono dei fulmini di guerra, uno ricorda Alberto da Giussano la cui esistenza non è certa, l’altro assomiglia a Masaniello il rivoltoso che regnò per cinque giorni,
  • ·      grazie alle loro promesse sono riusciti ad accedere al governo del paese, e a noi non resta altro da fare che tenerceli,
  • ·      sarà nostra cura tenere i conti sotto controllo senza farli passare per incompetenti,
  • ·      Salvini avrà ormai capito che uscire dall’Euro non è una bella idea e non indosserà più la maglietta con scritto “NO EURO”.
  • ·      Con un po’ di buona volontà possono imparare e magari in futuro potrebbero  partecipare ad un incontro come quello di questa sera.

Gli oppositori hanno voluto distinguersi presentando oltre quattromila emendamenti, prendiamo atto che pur cambiando i personaggi che stanno al governo e all’opposizione nella lotta agli sprechi non va considerato lo spreco delle ore di lavoro dei parlamentari pagati profumatamente dai contribuenti italiani.
A sinistra si cerca un’utopistica unità che sembra aver avuto una sorte avversa paragonabile a quella dello storico giornale del PCI.
A destra Berlusconi cerca di rimettere il guinzaglio all’ex fido Salvini diventato ormai un cane randagio, ma non si rende conto di non avere più la forza necessaria per reggere il guinzaglio, e che molti aspiranti politici preferiscono rivolgersi all’ufficio di collocamento politico leghista a discapito di quello di Forza Italia.


lunedì 12 novembre 2018

LIBERTA’ DI STAMPA


Il ministro Di Maio ha tuonato contro i giornalisti che, durante i due anni intercorsi fra l’imputazione di Virginia Raggi e l’assoluzione perché il reato non sussiste, hanno gettato fango sul sindaco di Roma.
L’assoluzione consente a tanti amici M5S di capire che essere indagati è diverso da essere condannati; dal blog contenente il vangelo secondo Grillo e Casaleggio questo concetto non è stato sempre stato chiaro soprattutto quando ad essere indagati erano gli avversari politici.
Nel caso Raggi abbiamo assistito allo stesso fenomeno a parti invertite; sembra proprio il caso di dire “Chi la fa, l’aspetti (e chi non la fa si purghi)”.
La libertà di stampa consiste proprio in questo, qualsiasi giornalista è libero di scrivere o raccontare in un’intervista televisiva quello che più gli aggrada comprese le stupidaggini.
Se la legge ponesse un divieto, troppe persone dovrebbero cambiare mestiere compresi parecchi parlamentari.
In teoria dovrebbero essere gli editori a frenare questo fenomeno sgradevole ma dovrebbero essere abbastanza coraggiosi da rischiare di lavorare in perdita.
Certe stupidaggini scritte o dette in televisione consentono di aumentare la vendita o l’audience del programma, pertanto può essere conveniente fingere che tutto vada bene.
Tutto sommato conviene anche a Di Maio, per quanto lui sia convinto che razionalizzando le agenzie del lavoro si creino i posti che mancano, potrebbe trovarsi fra i disoccupati in cerca di nuova occupazione tanti ex giornalisti.