martedì 24 aprile 2018

PROSEGUONO I TENTATIVI

In un parlamento che ha raggiunto il massimo grado di divisione della storia repubblicana, il Presidente cerca qualche asso.
I nostri partiti, seppure in modo più disomogeneo rispetto a un mazzo di carte, hanno al loro interno assi figure e scartine.
L’unico guaio per gli italiani è che i programmi sono talmente alternativi da rendere difficile un accordo.
Neppure ai tempi dell’eversione nera e delle brigate rosse c’era una simile divisione.
Gli amici di M5S hanno sperato in uno smarcamento della Lega da Forza Italia ma non ci sono le condizioni.
Un accordo che includa anche FI avrebbe una maggioranza numericamente importante ma M5S finirebbe per accettare la flat tax e perderebbe il consenso di quegli elettori che hanno lasciato la sinistra ma che non sono abbastanza sprovveduti per non accorgersi che la flat tax favorisce i ricchi a danno di poveri e ceto medio.
L’alternativa sarebbe cercare un accordo con la sinistra ma anche questa strada sembra poco praticabile.
Nel 2009, Grillo si era candidato a segretario ma il PD respinse la sua candidatura.
Frammentare ulteriormente la sinistra, rinunciando a quel meccanismo che subordina le decisioni al consenso interno, significherebbe snaturarne ulteriormente storia e tradizione.
Le decisioni prese dietro un mandato elettivo all’interno del partito sono un laboratorio di democrazia.
In questo scenario, quel che resta della sinistra se ne sta rintanato all’opposizione; forse aspetta che le contraddizioni delle formazioni avversarie emergano in modo eclatante per poterne trarre vantaggio in una eventuale prossima tornata elettorale.
Per M5S uno dei primi banchi di prova coinciderà con la prossima tornata elettorale che potrebbe non essere neanche troppo lontana.
M5S ha la regola dei due mandati elettivi pertanto, se le regole non verranno cambiate, personaggi importanti come Fico e Di Maio non dovrebbero più candidarsi.
Cosa faranno? Utilizzeranno la loro fama per riciclarsi nel pubblico impiego con un adeguato compenso o si comporteranno come cantava Edoardo Bennato in quella bella canzone del 1980 che diceva: “Non potrò mai diventar direttore general delle poste e delle ferrovie non potrò mai far carriera nel giornale della sera anche perché finirei in galera! Mai nessuno mi darà il suo voto per parlare o per decidere del suo futuro.”

Gli elettori intanto aspettano fiduciosi che quel consenso attribuito con enfasi o estorto con furbizia si trasformi in qualcosa di utile.

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