venerdì 23 giugno 2017

Politica e cultura

Certe volte mi domando cosa direbbe Karl Marx (1818 – 1883) se dovesse analizzare la situazione politica dei giorni nostri.

Sicuramente non proverebbe piacere nello scoprire che grandi personaggi politici, ispirati alle sue teorie, si sono imborghesiti molto più di certi personaggi citati nei suoi scritti filosofici.

L’imborghesimento di tanti funzionari appartenenti a partiti comunisti di tutto il mondo è un dato di fatto.

Il caso più clamoroso è rappresentato dalla Corea Del Nord in cui sembra esistere una monarchia dinastica mascherata dietro un’apparente forma di governo denominata repubblica democratica.

Bisogna dire “Sembra” perché non è escluso che la gestione del potere sia, in realtà, nelle mani dell’esercito.

La novità, rispetto alla metà del diciannovesimo secolo, è che la controparte del proletariato è più eterogenea, a fianco dei capitalisti sono apparsi i grandi comunicatori, talvolta più incisivi dei capitalisti.

Marx non poteva immaginare come sarebbe andata a finire.

Il suo contributo nel divulgare i metodi utilizzati dai ceti borghesi per abusare della povera gente fu encomiabile, al pari di quello dato da alcuni intellettuali suoi coevi come il russo Lev Tolstoj (1828 – 1910) o l’italiano Alessandro Manzoni (1785 – 1883).

Tolstoj e Manzoni, a differenza di Marx, anziché teorizzare la rivoluzione, preferirono diffondere alcune realtà oggettive, sperando che il popolo si evolvesse grazie a cultura e conoscenza.

L’acuto Bertrand Russell (1872 – 1970) lo intuì come si evince da questo suo aforisma:
La conoscenza necessaria per esistere, può esistere soltanto dove la classe dirigente insegni se stessa a diffonderla. Il sapere scientifico, storico, letterario e artistico dovrebbe essere messo alla portata di tutti con giusti provvedimenti da parte della pubblica autorità”.

Nella nostra industria insieme a tanti imprenditori virtuosi esistono anche personaggi paragonabili a Don Rodrigo e l’innominato, nella chiesa insieme a tanti padre Cristoforo ci sono anche i don Abbondio e fra i proletari fra tanti lavoratori onesti come Renzo e Lucia ci sono anche i bravi.

Anche i partiti hanno i loro bravi pronti a scagliarsi contro gli avversari evitando, ammesso che ne siano capaci, di ragionare.

Cultura e conoscenza sono fondamentali per lo sviluppo civile di qualsiasi nazione; chi intende abusare del popolo ha bisogno che rimanga ignorante pertanto spera che i maschi pensino alla squadra di calcio o alle curve di una bella donna e le femmine si dedichino allo shopping o al make up.

Fino a quando la mente del popolo è assorta da questi pensieri e ha una visione individualista della società, qualsiasi avventuriero anche se disonesto o incapace ma in possesso di efficaci strumenti di comunicazione può appropriarsi del potere gestirlo come vuole.

E’ inutile sperare che i disonesti dichiarino apertamente le loro intenzioni, tutti sono pronti a giurare di agire per il bene comune, fino a quando l’evidenza non li smentisce.

Per gli incapaci invece è un discorso a parte, non sempre si rendono conto di esserlo, ma possono essere più nocivi dei disonesti.

I dirigenti d’azienda non amano i fannulloni ma i personaggi che temono maggiormente sono i cretini attivi e si preoccupano di renderli innocui.

Noi italiani purtroppo abbiamo molti partiti ma pochissimi di essi hanno una storia consolidata nel tempo; quanti ne abbiamo visti sciogliersi.

Le cause son sempre le stesse:
avventurieri che si servirono della politica per il loro tornaconto personale, cretini attivi posizionati troppo in alto nella gerarchia del partito (anche Marx  parlava del cretinismo politico).

In questo scenario è facile per qualche apprendista stregone emergere. La presenza di costoro nonostante l’Italia abbia un apparato industriale di tutto rispetto, non ci consente di accreditarci come meritiamo in Europa.


Alcuni di loro, consapevoli della propria inadeguatezza, preferiscono gridare: “No all’Europa”.



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